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Miko 巫女 Uno Sguardo alle Sacerdotesse dei Templi

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  All'interno dei santuari shintoisti, nella zona non accessibile al pubblico, vi è segnato un perimetro, chiamato perimetro sacro, e dentro di esso troviamo una giovane donna intenta in una danza, chiamata Kagura 神楽. La giovane donna in questione è la MIKO 巫女 che viene anche identificata col termine di “Vergine del Tempio “.

La Miko, in epeca antica, era una sciamana, un'asceta esperta dell'estasi e si presentava  con un vestiario   particolare di due colori rosso e bianco e uno specchio incastonato all'interno di una corona dorata che cinge i capelli. La sua arte sacra deriva dalla dea  Ame no Uzume 天宇受売命 e danzando in stato di trance attira le attenzioni della dea Amaterasu,  Amaterasu-o-mi-kami 天照大御神.

Lo stato di estasi in cui cadeva la Miko durante la danza è chiamato kamigakari 神憑り e l'intento della danza eseguita dalla Miko è quello di offrire il proprio corpo e la propria voce ai Kami 神. La sacerdotessa  entrava in trance fino ad arrivare a una morte simbolica e questo evento dava la possibilità ai membri della comunità di avere un collegamento diretto con le divinità, quindi la Miko diventava il tramite, il collegamento tra il sacro e il profano che di fatto rappresentava per i fedeli la salvezza.

 

miko

 

 

Ma le parole che un Dio avrebbe detto ai fedeli tramite la Miko avrebbero potuto trovare interpretazioni diverse e qui entra in campo il Primo Sacerdote, primo non in senso del primo sacerdote che si trova nel tempio, ma quello che data la sua importanza era garante della stabilità del tempio e dei valori religiosi, a lui toccava il compito di elaborare il significato di quello che avrebbe detto la Miko e quindi riferirlo al resto dei fedeli in attesa.

  Ma, come si legge anche nel Kojiki 古事記 ( la più antica cronaca esistente in Giappone e il primo testo di narrativa giapponese pervenutaci), vi era sempre tensione tra l'autorità religiosa e la Miko, proprio per quello riguardava l'interpretazione della danza e delle parole della sciamana, perché il sacerdote per assicurarsi il diritto di essere l'unico in grado d'interpretare faceva si che il rito si svolgesse in un punto del tempio non accessibile ai fedeli.
L'unico insieme al sacerdote che poteva assistere era l'aiutante, il saniwa
  沙庭, che lo accompagnava anche al di fuori del luogo sacro. Una volta letto il responso ai fedeli emetteva anche il divieto di confutare quanto detto, pena, lo scatenarsi dell'ira degli dei.

 La vocazione di una ragazza a diventare Miko si poteva manifestare attraverso sogni iniziatici o con improvvise ed inaspettate, quanto violente, possessioni mistiche. Questi stati indicavano alla donna che la divinità l'aveva scelta inviandole “l'anima”; da quel momento sarebbe passata sotto le cure di una maestra che l'avrebbe educata nel controllare e dominare tutti questi eventi oltre ad insegnargli le danze, gli inni sacri, le litanie e  gli incantesimi che la tradizione imponeva.

 La Miko oltre che tramite tra gli uomini e il divino è la “sposa del Dio” e questo lo si può capire anche attraverso i kagurauta 神楽歌, ovvero gli inni sciamanici, e le narrazioni mitologiche come quella di Tamayorihime 玉依毘売命 (divinità giapponese figlia del Dio drago  marino dorato), e nella figura di sposa del Dio la possessione estatica era anche considerata come unione sessuale tra la Miko e il Dio.


           

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                                                                            Hase-kannon 長谷観音 a Kamakura, Kanagawa-ken.

 

A metà circa del VII secolo succede qualcosa di nuovo nel panorama religioso giapponese, si affermò l'ideologia del confucianesimo che portò novità e cambiamenti tanto che le esperienze estatiche delle Miko  furono bandite a favore di cerimonie più composte e raffinate, perché quelle pratiche di possessione erano giudicate troppo libere, scomposte, fonte di turbamento.

L’introduzione di  queste novità, a mio avviso, diedero il colpo di grazia, se cosi si può dire, all'importanza della donna all'interno della società giapponese arcaica (e in parte moderna), cambiamento che aveva già iniziato a presentarsi durante il periodo Yamato (periodo della storia del Giappone che va dal 250 d.C. fino al 710 d.C), ma è ancora una volta nel Kojiki, che si nota di più questo cambiamento, questa trasformazione della società da matriarcato a patriarcato. 

Nell'episodio narrato nel Kojiki,  in cui la Dea Amaterasu, sconvolta dall'aggressione subita dal Dio Susanowo, un dio che impersona il selvatico, il disumano, si rifugia in una grotta e questo portò all'oscuramento del cielo e alla notte eterna sulla terra. La Dea Ame no Uzume, la prima sciamana, prese l'iniziativa e con una danza frenetica attirò la Dea Amaterasu fuori dalla grotta riportando così la luce nell'oscurità e quindi la vita. 

 

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                                                             Amaterasu-ō-mi-kami 天照大御神 opera in tre tavole di Sugimoto Yoshio.

 

Susanowo intanto fu cacciato dai Cieli ed esiliato sulla terra dove aiutò gli uomini a sconfiggere i demoni e il drago creando di fatto due società quella della “Pianura alta del Cielo“ Takamagahara 高天原” dove la società degli Dei mantiene la sua struttura matriarcale e quella della terra, il Giappone, dove il Dio Susanowo diventato il Dio fondatore e dove regna su un sistema sociale di tipo patriarcale.

La trance, l'esperienza estatica delle Miko sarebbe continuata anche nel contesto buddhista e soprattutto nel Shugendo, ma il ruolo della Miko era inevitabilmente destinato a finire ai margini delle funzioni religiose. Le sue danze divennero folklore e la sua presenza nei templi mutò fino a diventare un aiutante dei sacerdoti nelle funzioni e nell’accudire il tempio. 

 

 

Tradizioni, Miko, Lino D.

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